Esercizio #14 – Esercizi a nudo, ovvero Vinicio

A distanza di 6 anni, sono là, ad Agrigento a respirare quella coltre di polvere elettrizzata, eccitata e sudata, quelle scarpe che cercano posti per il concerto di Vinicio Capossela.

Rebetiko Gymnastas - esercizi allo scoperto, Concerto di Vinicio Capossela, 16 Agosto 2012, Agrigento, Valle dei Templi

A distanza di 6 anni, quante cose sono cambiate? Io sono diverso e, ne sono certo, lo è anche lui. Guardo il palco, gli spettatori, la cornice della Valle dei Templi, con le luci arancioni a ricordare quelle vestigia di un passato che si respira dovunque lì e che, ogni volta che ritorno da quelle parti, mi pare di poter indovinare ad ogni slargo, sopra ogni pietra, in mezzo alla natura ridondante di ristoppi odorosi.

6 anni sono passati e forse anche questo spettacolo è figlio dei nostri tempi, di questa crisi che ci abbrutisce. Il pubblico è nervoso e si lascia andare a commenti cattivi sugli altri spettatori. Ciascuno vuole vedere il suo biglietto a prezzo popolare ripagato come se fosse il Concerto di Capodanno. Vinicio è un evento. Vinicio è un evento mondano prima di tutto, categorizza le persone che ci vanno. Andare a sentire e vedere Vinicio ti fa diverso da altri che non ci vanno e che non ci andranno mai. Suona un po’ come “fatti una cultura”, ma fallo con grottesca finezza.

Esercizi a nudo, dice lui, e il palco non è quello mastodontico e ridondante del Grand Tour, ma è minimale, due file di luci da festa e dietro teli rossi, nulla più. Mi chiedo se sia la crisi o se la crisi è ancora di più uno stato d’animo che si riflette sulle cose, sugli eventi, per riscriverli a sua volta. L’illusione di essere spettatori della Magna Grecia allora è forte. Al buio, lì dove hanno camminato antichi progenitori puoi sentire la magia avvolgerti e non più immaginare, ma sentire il rumore di quei secoli altrimenti corrosi dalle intemperie, niente più che pietre mute. Suona sui ricordi Vinicio, racconta di quegli sbagli che pesano sul cuore, anche lui forse invecchiato dai suoi stessi errori diventa malinconico, per poi balzare ancora sul caos, darsi alla festa, fuggire, rientrare, fuggire ancora e poi ancora rientrare.

Vinicio, Rebetiko Gymnastas, Esercizi allo scoperto, Agrigento - Valle dei Templi

Da sotto il palco noti le storie scolpite nelle facce dei musicisti Greci che si porta appresso. Vinicio è Ahab con il suo gruppo di rematori Parsi, ammantati nel mistero, per quanto stavolta risulti gioioso e giocoso, che conducono, remando sulle corde pizzicate, sul fiato dell’organo e della fisarmonica, verso i lidi della Grecia popolare, verso un folklore per tanto tempo offuscato da antichi fasti. Come in Moby Dick, alla fine resti un Ismaele naufrago, avvolto nel silenzio di un sé che medita.

Il Mangas - Rebetiko Gymnastas, Esercizi allo scoperto - Concerto di Vinicio Capossela, 17 Agosto 2012, Agrigento, Valle dei Templi

Le pietre antiche assorbono ogni pensiero.

Valle dei Templi

Esercizio #13 – Gabbie

Il gatto è il vero padrone di questa casa. Dorme, mangia, vive qui ventiquattr’ore su ventiquattro, ogni giorno di ogni mese di ogni anno. Il gatto è il vero padrone della casa.

Contrada Iria, Sant'Agata Militello (ME), Sicilia, Italia

Sonnecchia sui divani, sui letti nelle posizioni più complesse e plastiche come un acrobata della pigrizia, stanco forse di un pensiero di troppo, quel pensiero che lo fa ancora più pigro. I suoi passi, glissati come un piatto jazz, di tanto in tanto si possono sentire rompere l’immane e spaventoso silenzio di una casa svizzera, affogata nella calma piatta ed irreale di Planeyse, il trait d’union tra Colombier e Bôle, dove solo la ferrovia ruggisce di tanto in tanto, come un mostro che ammonisce i villici della sua presenza ad intervalli regolari. Non c’è mai fretta nel suo passo, bonario com’è, non ha mai torto un capello nemmeno ad una mosca. Ha tutto ciò che vuole, non potrebbe essere altrimenti, avendolo, con crudele egoismo, privato perfino della pulsione sessuale. Maschio, ma solo perché non potrebbe essere femmina, il gatto è il re.

Lo osservo mentre guarda fuori dalla finestra, conserte e immobile per ore, mentre fissa il giardino dove altri gatti – alcuni obesi e grevi, altri snelli e furtivi – lasciano che il sole li riscaldi, chiudendo gli occhi su un sonno annoiato, ma che sembra essere benedetto da chissà quale divinità. Guarda fuori, e sento le sue paure e i suoi desideri uscire forti dalla sua testa nera ad ogni movimento di orecchie. Là, nel giardino, tra le siepi, sotto il fresco di un albero lui vede la sua vita, quella che non potrà mai avere, quella che la sua codardia e la sua pigrizia hanno scelto di non dargli.

Proiettato adesso su di lui, poi curvo sul mio computer a scrivere, mi rivedo come il gatto in quest’istante: nell’aria di dismissione lungo cui sto lasciando scorrere il conto alla rovescia di queste ultime giornate svizzere, costretto in casa dagli ultimi esami, costretto dalla mia pigrizia, dalla nervosa indolenza del dovere, non sono poi così diverso dal gatto. Le mie paure e i miei desideri sono più grandi, ma le nostre condizioni ci accomunano e per questo ci evitiamo con distratta attenzione, per non rivederci così stretti l’uno negli occhi dell’altro. Il gatto è il re della casa, ma è lo schiavo di se stesso. Il gatto, in fin dei conti, ha paura di rompere la sua dorata maledizione.

Così alla finestra, mentre vedo il verde splendente di una domenica mattina che annuncia estate, vedo anche il mio riflesso. Guardandomi sto guardando la mia prigione.

Planeyse, Colombier, Neuchâtel, Svizzera

Il Drago è solo, gli uomini ne fanno un dio

Scavo più in profondità dietro gli occhi sdoppiati dal vetro. Una voce rassicurante, mia come può essere qualcosa di voluto con ogni fibra del corpo, mi dice:

– “Svegliati, stai tornando” –

– “A casa” –